La fine ingloriosa della Piccola Grande Capitale
Per quasi 1000 anni Siena è stata una piccola grande capitale, con la particolarissima caratteristica di essere diventata tale facendo per tutto questo tempo tutto da sola, anzi molto spesso facendolo contro tutti. E l’ha fatto, come se non bastasse, nonostante la povertà del territorio, l’isolamento culturale e naturale e lo schiacciamento di due “potenze” come Roma e Firenze che più volte hanno minacciato di stritolarla.
Dopo la caduta ella Repubblica nel 1559, pur con una popolazione supersite di soli 6 o 7000 individui (tanti ne restarono vivi dopo 7 anni di guerra contro l’Impero e i Medici) per altri due secoli Siena rimase di fatto capitale di uno stato che arrivava fino all’Argentario e all’Isola del Giglio e rappresentava un terzo dell’intera Toscana. Poi nel 1786 anche lo Stato senese fu abolito dai Lorena, e Siena fu degradata a semplice municipio con i confini limitati alla propria cerchia muraria (una punizione?), per cui il territorio dei comunelli limitrofi lambiva letteralmente tutte quelle sue mura (solo negli anni 30 dello scorso secolo si provvide ad una revisione restituendo alla città una ridicola cerchia di territorio rurale). Ma nei due secoli successivi, tra la fine del Settecento e la fine del Novecento, Siena riuscì lo stesso a restare una delle capitali della Toscana, tenendo fieramente testa alla grande, grandissima Firenze prima granducale, poi savoiarda e poi capitale regionale. Siena aveva la più rinomata scuola di lingua italiana, aveva un’università antica (Firenze ne resterà priva fino al 1923). A Firenze i Lorena prima e i Savoia dopo regalarono le ferrovie (per Livorno e Roma) con i soldi anche dei Senesi, ma i Senesi le ferrovie se le costruirono da soli, con i propri soldi (per Empoli, Orte e Grosseto) e già che c’erano a metà ‘800 le locomotive se le fabbricavano in proprio (che era come se oggi a Siena costruissimo con i nostri mezzi lo Shuttle).
Così come con i propri soldi, i propri tecnici e le proprie maestranze, Siena realizzò all’inizio del ‘900 l’opera colossale dell’acquedotto del Vivo che portò dall’Amiata l’acqua a una Città che ne era totalmente priva (fino ad allora avevano egregiamente funzionato i bottini realizzati dagli ingegneri medievali.). E quando alla fine dell’800 il governo decretò la chiusura dei piccoli atenei, l’Università di Siena fu salvata dai Senesi: per anni se ne fecero carico il Comune, la Camera di Commercio e il Monte. Quest’ultimo era nel frattempo cresciuto per forza propria, ossia per forza dei Senesi, senza una lira dello Stato, che invece era così prodigo nei confronti di tutto il sistema bancario italiano.
Proprio a Firenze, che pure aveva avuto un proprio Monte più antico di quello senese, lasciato fallire nell’800, il Monte negli anni 30 del passato secolo intervenne per salvare dal fallimento le due più importanti banche fiorentine, poi riunite nella Banca Toscana. Non credo che ce l’abbiano mai perdonato. Peggio: la banca fino all’ultimo decennio del ‘900 era così cresciuta – terza o quarta d’Italia e forse la più patrimonializzata d’Europa – ed era così liquida che in proporzione era la massima sottoscrittrice di titoli di Stato. E come dovevano tenerne conto a Roma! E a Firenze poi! Non un provvedimento finanziario della Regione (per la sanità, l’agricoltura, opere pubbliche ecc.) poteva prescindere dalla buona disponibilità del Monte, interamente retto da Senesi (o da senesizzati, spesso assai più dei Senesi stessi). Anche questa umiliazione non riuscivano a perdonarcela.
Insomma, a dispetto della geografia e della politica, la più piccola città della regione, fino alla privatizzazione forzata della sua banca, era più “capitale” che mai, con una particolarità rispetto a ogni altra capitale più o meno ufficiale: Siena non doveva ringraziare che i Senesi. Infatti nessun principe, re, imperatore, papa o capitano d’industria o finanza ha avuto il minimo ruolo nel suo successo quasi millenario. Anche la Whirlpool e la Novartis sono qui solo perché prima c’era la Tortorelli e la Sclavo (quest’ultima considerata da Sabin, padre del vaccino antipolio, il migliore istituto sieroterapico del mondo). E lasciamo stare il sistema Contrade-Palio, portato dai Senesi, senza alcun patron, ad un tale livello di notorietà che nessuna città d’Italia e anche oltre può vantare.
Ma gli individui e le comunità che fanno da soli e lo fanno bene, che non hanno bisogno di strisciare davanti al principe per ottenere ciò che d’altra parte spetterebbe loro di diritto, non godono di buona stampa in un Paese profondamente fascista come il nostro (il fascismo è stato inventato in Italia assai prima di Mussolini e non è morto con lui). Quegli individui e quelle comunità infatti rappresentano pericolosi modelli negativi, sospettati di poter “infettare” l’intero sistema minacciando l’autorità del principe. E Siena non ha mai chiesto niente a nessuno, soprattutto allo Stato, al quale semmai ha solamente dato.
L’orgoglio anarcoide dei Senesi, per lo più inconsapevoli dei motivi che quell’orgoglio giustificano largamente, è stato mal digerito da quasi tutti, tranne da quei pochi che hanno avuto la cultura e la sensibilità necessaria per capirne le ragioni.
Ma ora è finito tutto. E’ l’anima stessa della Città che è stata succhiata via. Sono stati rasi al suolo Monte, Università e il millenario Ospedale. Tutto il resto entrerà presto in crisi. Gli ultimi trenta anni di governi cittadini, che solo gli stupidi continuano a chiamare di sinistra (si è trattato e si tratta della destra della più bell’acqua), sono stati devastanti. La batosta sarà peggiore di quella della peste del Trecento, della caduta della Repubblica, dell’abolizione dello Stato senese e del terribile terremoto del 1799. La Città si era sempre ripresa, ma stavolta sarà tutto più difficile.
La Piccola Grande Capitale non c’è più. Anche l’orgoglio senese si può far finta che ci sia ancora, ma in realtà anche questo non avrà più alcuna giustificazione. Tanto per essere chiari, basti questo: non è solo un’ipotesi che il Comune di Siena finisca nella provincia di Grosseto. Non ci avrebbero neanche provato se Banca, Università e Ospedale fossero stati quelli di 30 anni fa, quando quelle tre istituzioni vive, vegete e potenti e quell’orgoglio civico e anarchico facevano ancora paura.
Perché questa lunga tirata? Perché non è escluso che a Siena si ripeta il caso parallelo di Parma. Anche lì la Parmalat è stata azzerata dalla francese Lactis, come avverrà a Siena col Monte dei Paschi, e anche lì le amministrazioni precedenti hanno lasciato buchi spaventosi. Anche a Siena, come a Parma, il M5S potrebbe vincere. Ma non potremo promettere che con noi ci sarà la ripresa. Non c’è buon governo che possa rimediare a una simile catastrofe. Qualcuno ha scritto che il Comune di Siena, nonostante le centinaia di milioni di euro munti alle istituzioni cittadine, ha il debito pro-capite e il livello di tassazione più alti o tra i più alti d’Italia. E ora non è più rimasto neanche il fondo del barile da raschiare.
La rinascita potrebbe esserci, come in passato, solo ad opera dei Senesi, se essi fossero ancora, ma ho i miei dubbi, come quelli di una volta. Quello che possiamo però sicuramente promettere è che una volta messi mani e piedi nel Comune, nella Fondazione, nel Monte (sempre che ci sia ancora la Fondazione ed abbia almeno una piccola partecipazione residua nella Banca) e nelle altre situazioni (sembra che siano 3 o 400 gli incarichi che il sindaco ha facoltà di nominare nei vari enti, istituzioni e società), cercheremo le prove della mala gestio che ha annichilito Siena e, se ci saranno gli estremi, faremo tutto quanto è in nostro potere per assicurare i responsabili alla giustizia o quanto meno, rompendo così la cappa mafiosa e omertosa che da troppo tempo ha soffocato la nostra vita civile, li additeremo con nome cognome e misfatti alla pubblica opinione affinché sia il biasimo sociale a bollarli. Altri movimenti o partiti potranno prometterlo, ma non potrebbero mai farlo, perché tutti portano la responsabilità morale, se non quella materiale, dello spaventoso disastro.
Sì, il solo che ci può riuscire è il Movimento a 5 Stelle.
Mauro Aurigi