A proposito del MoVimento 5 Stelle

Lettera aperta a Eugenio Scalfari.

Egregio Dottore,

                         ho 74 anni e la seguo sin da quando Il Mondo e L’Espresso erano in formato lenzuolo, spesso d’accordo con lei, talvolta in disaccordo. Ma ora, con questo suo ispido rancore verso il Movimento 5 Stelle (che non è solo “di Grillo”, ma anche di milioni di cittadini che vi hanno spontaneamente aderito), quasi che questo fosse la causa e non l’effetto del disastro provocato negli ultimi 30 anni dal sistema dei partiti, il mio disaccordo con lei è diventato totale. E mi spiego.

Lei se lo ricorderà meglio di me: per i primi trent’anni del regime repubblicano tutti i politici, quelli del cosiddetto arco costituzionale, si sono letteralmente riempiti la bocca col termine democrazia, evocandola sempre, praticandola mai. Ma tutto sommato non andò troppo male: il Paese crebbe. Nei trent’anni successivi, a partire dunque dall’avvento di Craxi e dal definitivo e saldo insediamento della partitocrazia nel potere, quel termine è col tempo giustamente scomparso dal lessico della politica e dell’intellighentzia italiana. E giustamente da allora le cose hanno cominciato ad andare male.

Ho avuto la ventura di ascoltare almeno una volta l’intervento di fine anno a reti unificate del Presidente Napolitano: non una volta ha citato quel termine. Siamo arrivati al paradosso: da Fazio a Vieni via con me, intervengono in sincrono Bersani e Fini, solo il secondo lo usa una volta, il primo mai.

Eppure c’è un dato che sta sotto gli occhi di tutti. La democrazia è l’unico motivo per cui l’Occidente è oggi, e da quasi mille anni, la parte più evoluta del pianeta. All’interno dello stesso Occidente si ripete lo stesso fenomeno: quanto più alti sono i livelli di democrazia di un paese, tanto più elevato è il suo standard sociale, economico e culturale, ossia tanto più elevato è il livello di civiltà. La Svizzera è addirittura un caso limite: ha il territorio più povero di risorse d’Europa, ma ha il popolo più ricco e civile del mondo. Sarà mica un caso che abbia anche la forma di democrazia o se si vuole, letteralmente, di potere popolare più alto del mondo? Quel paese ci è in ogni senso più vicino di ogni altro (massima estensione del confine territoriale comune, unico paese al mondo che ha l’italiano come lingua ufficiale e col quale condividiamo una parte del popolo). Eppure noi non conosciamo il nome di un solo politico, neanche del capo di quello stato, perché lì il potere del popolo supera quello dei politici e la democrazia è applicata o si cerca di applicarla nel suo senso etimologico.

Di più. In questa tremenda crisi che rischia di diventare peggiore di quelle seguite alle due guerre mondiali, sono sempre i paesi a più alti livelli di democrazia che, in termini disoccupazione, inflazione, stagnazione e recessione economica non fanno notizia. Si tratta di quei paesi, per tralasciare la solita Svizzera, come Olanda, Svezia, Norvegia, Finlandia o Danimarca, dove la tensione democratica è così alta che se si scopre che la moglie di un ministro per un mese non ha pagato le assicurazioni sociali della domestica, il marito deve dare immediatamente le dimissioni. Basta pensare a come sono finiti nell’ordine Grecia, Spagna, Portogallo e Italia per avere la controprova.

Cosa voglio dire? Che è l’uovo di Colombo, ossia che non c’è bisogno di essere uno studioso della materia per capire che tutti i guai che oggi affliggono l’Italia in misura maggiore di tanti paesi europei, hanno una solo causa: i suoi modesti e progressivamente declinanti livelli di democrazia. Qualcuno ha detto che si esce dalla crisi e poi si diventa un paese “normale” solo aumentando i livelli di democrazia? No, neanche lei. In Italia si parla di tutt’altro. Tanto che quando Berlusconi, D’Alema e Napolitano, praticamente all’unisono, hanno detto che bisogna aumentare i poteri dell’esecutivo, ossia che bisogna scegliere la strada opposta (perché aumentare il potere del “principe” significa diminuire i livelli di democrazia), nessuno ha fiatato. Neanche lei mi pare.

Di contro, gli unici che sembrano avere capito l’assunto quasi lapalissiano di cui sopra ho detto, gli unici che chiedono l’elevazione dei livelli di democrazia (più potere alla base, meno potere al vertice), anzi , che propugnano l’adozione del livello più alto della democrazia, quella diretta e partecipativa, quale strumento non tanto di iustitia et aequalitas, ma soprattutto di elevazione sociale, economica e culturale, e come unico mezzo per uscire dalla crisi, questi sono Beppe Grillo e il M5S. E per questo sono derisi, vituperati, offesi. Comunque nessuna meraviglia: in un paese intimamente fascista è normale che chi invoca la democrazia rischi il rogo.

Caro Scalfari, ma come si fa a tacciarli di populismo e antipolitica? Ed è invece politica quella di cui lei solitamente parla? Oppure è ragion di stato, visto che fa l’esegeta esclusivamente del pensiero dei “prìncipi” della politica, quelli graditi e quelli avversati, mentre il popolo, quale soggetto della politica non appare mai e quando appare è visto con una sorta di aristocratica diffidenza, come nelle due ultime righe del suo intervento sulla Repubblica del 4 novembre dove alla fine, ma proprio alla fine. evoca il popolo in questi termini: “La scelta la farà il popolo sovrano, speriamo sia quella giusta”.

Io ho fatto troppe esperienze per accordare oggi fiducia illimitata a chicchessia. Neanche al M5S, se vuole. Perché tra il dire e il fare … insomma il rischio di delusioni è sempre alto in questo Paese. Ma io ho già un’esperienza alle spalle col M5S: le elezioni comunali del 2011. Una volta dimostrato per corrispondenza che avevamo rispettato le regole (niente iscritti a partiti, niente condannati, niente eletti già a due legislature), né Grillo né un suo mandatario ha mai messo bocca in quello che facevamo e meno che mai nel programma o nelle candidature. Grillo si è limitato a dedicarci due ore per un comizio seguitissimo e se n’è andato subito senza farsi più vedere né sentire. Comunque anche lei si sarà accorto che il popolo del M5S, nel bene o nel male, è molto sveglio. Lo si è visto anche dalla reazione che, a torto o a ragione, c’è stata a proposito del sostegno recentemente dato da Grillo a Di Pietro. Questo mi fa ben sperare circa il rischio di delusioni. Se ci saranno, non saranno come le tante che ho patito in passato per colpa di quei signori della politica che affollano le sue rubriche.

 Ora la saluto con stima (sia detto senza ironia)

 Mauro Aurigi – Siena – Candidato alle primarie del M5S per il Parlamento

(mauro@aurigi.netwww.aurigi.net)

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